Nizza, 14 luglio 2016
Sono felice che sia
tutto terminato.
Ora qua stiamo bene,
c’è solo pace, quando si lascia il corpo e si sta nell’Uno.
Solo pace…
Quella dimensione di
piena, dilatata, armonica, pace.
Oggi ho sentito dire
da una bambina sulla terra questa frase: "Guerre, distruzioni, litigi e rabbie
sono inutili, è inutile che ci si distrugga e ci si maledica a vicenda, ma non lo
capiscono le persone che tanto poi in paradiso fanno pace? "
E’ vero.
Dio, come sappiamo ora
che è vero. Finalmente. Pace.
Già pace, non c’è
altro nella dimensione dell’Uno.
È per questo che ora
noi qua stiamo bene. L’anima, il sé superiore e anche quei brandelli di memoria
e di personalità rimasti.
Ieri noi tutti abbiamo
sofferto di un dolore atroce. Come il vostro ma nello stesso tempo diverso. Un
dolore straziante e dilaniante, senza appello né ristoro: eravamo noi i
colpevoli.
Noi guidavamo il tir
di Nizza.
Noi, corpo, mente,
personalità, sé superiore e anima di Mohamed Lahouaiej Bouhlel.
La sua parte umana e
la sua parte folle.
Noi eravamo e siamo
lui.
Abbiamo cercato in
tutti i modi di fermarci e di fermarlo. Prima e durante.
Ma tutto sembrava
mosso da altro. Tutti gli eventi si inanellavano e nulla si frapponeva.
Quante volte avete
sperimentato questa fluidità? Gli date sempre una connotazione positiva, come
la chiamate? Sincronicità ? Bene era la stessa anche se polarizzata su un'altra
frequenza.
Noi cercavamo di
opporci, il sè superiore era annebbiato: pensava di confonderlo; la mente
invece era folle di lucida razionalità: nessuna emozione.
L’anima sbatteva le
ali come un uccello intrappolato che sbatte fino a sanguinare contro un vetro,
il corpo gridava NOOOOOO , cercava di immobilizzarsi congelato, ma l’adrenalina
pulsava e poi psicofarmaci e droga lo spingevano al limite, costretto a
muoversi mentre voleva fermarsi.
Abbiamo pregato,
chiesto un infarto: il cuore a mille, tutti i muscoli contratti, ci siamo persino
pisciati addosso.
Gli occhi erano aperti
per non piangere e le corde vocali si erano seccate piene di urla represse.
Tutti cercavamo di
fermarci.
Eppure.
La gente cadeva sotto
di noi, sembrava un videogioco.
La follia dell’
onnipotenza aveva intrappolato le parti umane e spirituali che piangevano in un
angolo tutto l’orrore possibile e pregavano che tutto finisse. Presto.
I bambini mi
ricordavano i nostri figli, ma niente aveva senso, qualcosa di altro ci
possedeva e agiva mentre noi urlavamo immobili.
Tutti.
Noi la parte umana
morivamo in ogni persona ferita, uccisa e spaventata. Sentivamo ogni loro e
nostro più piccolo dolore. Eravamo e siamo la stessa cosa. Eravamo la vittima e il
carnefice. Il poliziotto sullo scooter che cadeva ucciso un attimo prima di noi
e noi che ondeggiavamo tra follia e ragione. Tra umanità e umano.
I fantasmi ci
impedivano di vederci e di fermarci.
Poi è arrivata la
pallottola, le siamo corsi incontro pieni di gioia perché tutto finiva e
smetteva di essere così straziantemente assurdo…
Mi dispiace.
Perdonami.
Ti amo.
Grazie.
Ora è troppo presto
per cercare un senso, ora è solo tempo di PACE.