1 aprile 2009

Democrazia significa Governo del Popolo


di Paolo Michelotto
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Un sondaggio effettuato nel 2005 da Gallup International su 50.000 persone in 60 paesi, ha scoperto che il 63% dei cittadini pensano che i loro leaders politici siano disonesti, il 60% pensa che essi abbiano troppo potere, il 52% pensa che i leaders politici si comportino in maniera non etica e il 39% pensa che essi non siano competenti nel loro lavoro.
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La democrazia rappresentativa, ossia la forma con cui la democrazia governa nella maggior parte del mondo, comincia a mostrare i suoi limiti. I sostenitori di questa forma indiretta di democrazia, sostengono che il problema è temporaneo, causato dal ripensamento politico successivo al crollo del Marxismo nel 1989.
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Forse, ma la causa principale probabilmente sta invece nell’enorme cambiamento nelle condizioni economiche e sociali di gran parte del mondo in questo ultimo mezzo secolo. La cura ai problemi della democrazia è la democrazia diretta.
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Anche nella democrazia diretta i cittadini votano ogni pochi anni per eleggere il parlamento e il presidente e poi li lasciano a rappresentarli fino alla elezione successiva. Esattamente come nelle democrazie rappresentative. Ma in ogni momento è possibile per un gruppo di elettori, purché acquisiscano un certo definito supporto di loro pari, di porre una legge elaborata dal parlamento al giudizio di tutti i cittadini, con un referendum.
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Ancora di più, in una democrazia diretta quel gruppo di cittadini, sostenuti da altri concittadini, possono mettere a giudizio di tutti gli elettori una proposta di legge non solo non pensata dal parlamento, ma che addirittura può essere osteggiata da esso. Con lo strumento dell’iniziativa. Con il referendum e l’iniziativa, gli elettori hanno il comando sull’agenda politica sempre, non solo quel certo giorno x delle elezioni. Attenzione che il referendum e l’iniziativa, anche se a prima vista sembrano simili al plebiscito, sono in realtà diversissimi. I plebisciti sono strumenti adottati da dittatori (Hitler, Pinochet...) e da uomini di potere forti (Napoleone, De Gaulle...) per cercare legittimazione al proprio potere.
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I referendum e le iniziative sono invece scritti ed iniziati dai cittadini senza bisogno dell’appoggio del governo o anche con la sua ostilità. E’ uno strumento in mano ai cittadini per tenere a controllo i governanti, non viceversa.
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E questo è proprio ciò che accade in Svizzera, di cui parlerò nei prossimi capitoli e da poco più di 13 anni in Baviera. Gli svizzeri non hanno caratteristiche così diverse dagli altri cittadini del mondo.
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Nel 1874, quando fu introdotto il referendum opzionale, gli svizzeri erano una popolazione rurale, non molto ricca, non molto educata e nel cui interno si parlavano 4 lingue. Situazione simile a quella di molti stati europei.
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Democrazia o democrazia rappresentativa?
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Pensa a quell’aggettivo: "rappresentativa" e rifletti sul suo senso. Il concetto che sta alla base della democrazia è che tutti gli uomini e le donne adulti, dovrebbero avere una uguale parte nel decidere come il loro paese è governato. Alcuni sono ricchi, altri poveri, alcuni sono intelligenti, altri meno, alcuni amano Michelangelo, altri Picasso. Non ha importanza le differenze, essi hanno tutti pari diritti. Ora confronta questo bel concetto teorico con la realtà di gran parte del mondo democratico, dove tutti, tranne qualche centinaia di persone, non hanno funzioni democratiche eccetto quella di votare ogni qualche anno tra una varietà di partiti che propongono una lista complessa di proposte alcune delle quali possono piacere, ma altre no. E tra questi pochi voti effettuati ogni qualche anno, poche centinaia di persone decidono l’agenda politica, prendono le decisioni, governano effettivamente il paese.
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Se la guardi per quello che effettivamente è, questa non è rappresentazione. Nei lunghi periodi tra una elezione e l’altra, questo è un trasferimento a scatola chiusa di potere, da molti a pochi.
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Il sistema della democrazia rappresentativa è un sistema nato nel 19° secolo, ed era adatto per quella società e quel mondo.
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La società era divisa tra estremamente ricchi e potenti e una gran massa di poveri che trascorrevano il loro tempo nelle campagne o nelle fabbriche a guadagnarsi da vivere.
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Avevano ben poche possibilità di conoscere cosa succedeva nel mondo. L’educazione era riservata solo ai ricchi e i giornali erano troppo costosi e con circolazione limitata per formare un’opinione pubblica.
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Ma le cose sono cambiate.
  1. Oggi i britannici sono in termini reali 5 volte più ricchi di 1 secolo fa. Gli americani 6 volte più ricchi. Gli italiani 13 volte più ricchi. Questa crescita reale della ricchezza media ha fatto sì che ci sia più denaro destinato al risparmio. Così molta gente può investire in azioni, possedere una casa, un’auto e così via. Le persone che hanno proprietà si sentono più indipendenti, e persone che hanno questo atteggiamento di indipendenza sono portate a farsi le loro idee politiche personali.

  2. Anche nell’educazione le cose sono cambiate in maniera straordinaria. In gran parte dei paesi, l’obbligo di studio arriva a 16 anni. In Francia ci sono 60 volte più studenti alle superiori oggi di 1 secolo fa. E 50 volte più universitari. Negli USA ci sono 33 volte più studenti alle superiori di 1 secolo fa e 60 volte più universitari.

  3. Uno dei cambiamenti più straordinari è dovuto allo sviluppo della tecnologia digitale. Con il computer, internet, i cellulari, le macchine fotografiche e le videocamere digitali, gran parte della popolazione può conoscere quasi istantaneamente ciò che succede nel mondo. E può non solo assorbire passivamente informazione, ma anche crearla, condividerla, commentarla.
Questi tre fattori, la ricchezza, l’educazione, l’informazione, fanno sì che il cittadino possa dotarsi di tutti gli elementi per dare un giudizio ragionato su un determinato argomento. Non c’è più quindi nessuna differenza tra la qualità di una valutazione dei cittadini e quella dei suoi rappresentanti su una determinata questione. Anzi. Se infatti pensiamo al mondo reale, i cittadini scelgono meglio dei loro rappresentanti perché sulle loro decisioni non pesa la corruzione, la forza delle lobby, la costruzione della carriera politica, l’appartenenza ad una casta di privilegiati, che tanta influenza hanno sui pochi rappresentanti eletti.
Un altro fattore è decisamente cambiato nella nostra epoca. Per più di un secolo gran parte delle democrazia ha avuto una contrapposizione tra almeno un partito marxista e uno liberale. La differenza di ideologia era notevole: dal socialismo all’individualismo, dall’economia centralizzata a quella del libero mercato.Con il dissolversi dell’Unione Sovietica e dell’ideologia comunista, anche i partiti hanno mutato nome, hanno cambiato programmi. Le ideologie si sono fatte meno radicali, le differenze meno marcate. La diluizione delle ideologie ha due conseguenze:
  1. i partiti stanno diventando organizzazioni sempre meno forti;
  2. le persone cambiano il loro voto più facilmente da un partito all’altro.
I partiti amano la democrazia indiretta, mentre la democrazia diretta diminuisce ulteriormente il potere dei partiti e li pone ai margini della vita politica.
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La democrazia diretta fa diventare gli elettori più efficienti. Invece di dare le loro preferenze a un gruppo di politici piuttosto che ad un altro con le loro scelte sfumate e non sempre chiare, con la democrazia diretta l’elettore è chiamato a rispondere a domande precise, sapendo che la sua risposta contribuirà a scegliere quale legge sarà adottata.
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Dando ai cittadini maggiore responsabilità, la democrazia diretta li aiuta anche a comportarsi più responsabilmente. Dando ai cittadini maggiore potere, la democrazia diretta insegna a loro come esercitare questo potere. Li rende migliori elettori e quindi migliori cittadini.
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Gli scettici affermano che finché i cittadini scelgono tra partiti effettuano una buona scelta. Ma quando devono scegliere tra argomenti ben definiti, possono commettere sciocchezze irreparabili.
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Affronterò in dettaglio queste obiezioni nel libro, qui basta ricordare che l’evidenza dell’esempio svizzero degli ultimi 140 anni ha mostrato esattamente il contrario. Uno dei primi referendum confederali ad esempio, tenuto nel 1866, chiedeva ai cittadini se gli ebrei dovessero avere uguali diritti di residenza. E i cittadini risposero positivamente. Questa scelta che oggi è un’ovvietà, avvenne in anni in cui erano ancora legali gli schiavi negli USA e in Francia c’era un’ondata di antisemitismo con l’affare Dreyfuss.
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Ancora negli anni ‘70 del 1900, gli svizzeri respinsero norme restrittive contro gli immigrati e chi cercava asilo politico. E gli esempi sono innumerevoli.
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Molti si stanno accorgendo che la democrazia è stata per quasi un secolo in uno stato di sviluppo bloccato. Ora è giunto il momento di rimettere in moto l’intero processo e trasformare la democrazia in ciò che essa significa: "governo del popolo".

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Estratto dal primo capitolo del libro

"Democrazia dei Cittadini"


di Paolo Michelotto
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